Una pianta, se non l'innaffi, muore.
E non te lo dice.
Non si mette a muovere i rami, ad urlare, a rantolare.
Non chiede per favore innaffiami.
Soprattutto se è una pianta orgogliosa.
(forse di pianta si dice rigogliosa ma ci siam capiti, no? )
La pianta in questione perde le foglie,
si avvizzisce,
si accascia.
Tu non l'innaffi, lei muore.
Semplice. Banale.
Beh, la sai una cosa?
Funziona così anche per l'amore.
Credevo di essere buona.
lo sfumare i toni,
il non dare confini precisi
nè definizioni nette.
Mi credevo buona,
invece sono orba.
[comunque non porterò gli occhiali,
indosserò una nuova filosofia ottica]
Parole che non ho detto mai
Appropinquare,
sbiellare,
olismo,
metacarpo,
debosciato,
pluralità,
aerostato,
tremebondo,
pusillanime,
badessa,
leviatano,
giungimento,
erpice,
rimpiattino,
percolato,
formichiere,
ussaro,
beffardo,
flagrante,
gorgiera,
nembo,
insufflare,
cardamomo,
speme,
zappatore
e querulo.
(così tanto per notizia)
Le onde le capisco, i fili no.
O, almeno, le onde non mi stupiscono.
Prendi i cellulari,
non trovo strano che funzionino:
vagamente mi sembra come usar la voce,
ti chiamo, chiamo il tuo nome e tu rispondi.
Che poi ci siano chilometri tra di noi
è un dettaglio irrilevante.
Il telefono col filo è diverso.
Io faccio un numero che si infila nel filo (?)
e ci cammina dentro (?)
fino a che non arriva al tuo apparecchio e suona (?).
Questa è magia.
Per non parlare del fax,
che il foglio si fa bussolotto e si infila nel filo (?)
e ci cammina dentro (?)
fino a che non arriva al tuo apparecchio ed esce (?).
E poi l'ascensore.
Come fa l'ascensore a sapere a che piano è
e quanti giri di filo deve fare?
E da che parte, su o giù?
Inutile tentare di spiegarmelo,
io i fili non li capisco.
Le onde sì.
E poi il messaggio finisce così.
E' che anche il filo del discorso
io non lo capisco.
Pensavo alla forma dell'anima, oggi:
a volte è una vipera,
a volte un moscerino,
a volte una cavalletta d'oro
posata come una spilla sul risvolto della giacca.
Ma a volte è un elefante bianco,
a volte un dromedario,
a volte una tigre reale.
Stamattina m'ero svegliata
con accanto un serpente verde veleno.
Poi è diventata un gatto pensieroso,
una tigre da guerra,
una sfinge,
una poiana.
Dopo aver perlustrato il cielo con gli occhi rapaci
e aver riempito le penne d'ossigeno fresco,
l'anima è volata giù,
s'è accucciata e s'è messa a dormire,
il pelo bianco che si muoveva appena al vento.
Esistono percorsi transennati e tassativi
per arrivare qui.
A me.
Al centro,
addensata,
l'essenza.
Silenziosa.
Tutto intorno
un gomitolo brulicante di stratagemmi depistanti.
La mia vita si è seduta a gambe accavallate.
Tappezzata di artificiose apparenze.
Amante senza amante.
Fiume smarrito non condotto al mare.
Una vita scandita da tangenze.
Ed io, bisognosa di intersezioni.
Esitante e audace.
Timorosa e battagliera.
Supponente, a tratti.
Indisponente, spesso.
Gonfia del mio destino e di una gran paura.
Anteriore ad ogni giudizio ed ogni consenso.
Si accumula in me il tempo non vissuto.
Ha l'odore di una casa in cui ho abitato.
Con le tende azzurre.
Risuona come le note di una canzone
che cantavo a bocca chiusa da bambina.
Per calmarmi.
Tenace come il susino che presidiava il giardino dei nonni.
Quali nonni?
E' un tempo negato, mai avverato.
Che segna il presente.
In continuo movimento.
Senza mutazioni.
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- Pauline
- "...la più ingenua delle bambine, la più libera delle schiave, la più innocente delle puttane, la più eretica delle sante, la più folle creatrice di tele astratte e parole mai dimenticate, la più fiera signora di vetri infranti e nodi custoditi in un cassetto, la più inquieta sposa di venti e maree ribelli, la più eccentrica regina di idealismi, senza corona e senza terra..."
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